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Camminare a piedi nudi: il barefoot trekking fa davvero bene?

 
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Camminare a piedi nudi: il barefoot trekking fa davvero bene?
Negli ultimi anni si assiste a un crescente interesse verso il “barefoot trekking”, ovvero l’escursionismo praticato a piedi nudi. Sempre più appassionati di montagna decidono di togliersi scarponi e calze per riscoprire il contatto diretto con il terreno. Ma perché scegliere di camminare scalzi?
I motivi sono molteplici: dal desiderio di riconnettersi con la natura a quello di ottenere benefici per la salute di piedi e postura. Persino alcune celebrità hanno reso popolare questa pratica (basti pensare alla scena di Pretty Woman in cui Richard Gere cammina esitante a piedi nudi sul prato, o alle star che oggi praticano consapevolmente il “scalzismo” per recuperare i benefici del rapporto con la natura).
In questo articolo analizzeremo in modo approfondito se il barefoot trekking fa davvero bene, esaminando gli aspetti anatomici, i benefici fisici e mentali, i consigli per iniziare e le precauzioni, fino alle varianti più estreme e alle possibili controindicazioni.


Anatomia e salute del piede

 
Il piede umano è un capolavoro di ingegneria naturale, progettato per sostenere l’intero peso corporeo e adattarsi a diversi tipi di terreno. Comprendere la struttura e la funzione del piede è fondamentale per valutare gli effetti del camminare scalzi.


Il piede: una struttura complessa e resistente

 
Ciascun piede è composto da 26 ossa, 33 articolazioni e oltre 100 fra muscoli, legamenti e tendini. Questa complessa anatomia forma archi plantari elastici in grado di assorbire gli urti e restituire energia ad ogni passo. Gli archi del piede, sostenuti da muscoli intrinseci, funzionano come molle naturali che ammortizzano il peso durante l’appoggio e aiutano nella propulsione. Un piede sano e forte è dunque capace di adattarsi al suolo irregolare, mantenendo stabilità ed equilibrio.

È interessante notare che circa un quarto di tutte le ossa del nostro corpo si trova nei piedi. Ciò evidenzia quanto sia importante mantenere i piedi forti e funzionali, dato che sono la nostra unica base d’appoggio a terra. In condizioni ideali (ad esempio camminando scalzi su superfici naturali), il piede riesce a espletare al meglio le sue tre funzioni principali: fare da ammortizzatore adattandosi al terreno, fungere da leva rigida per spingerci in avanti, e agire come un sensore che percepisce le caratteristiche del suolo. In sintesi, il piede è progettato per essere robusto e autosufficiente, a patto che gli permettiamo di lavorare correttamente.


Come le scarpe cambiano e indeboliscono i nostri piedi

 
L’uso costante di calzature moderne può alterare nel tempo la struttura e la funzionalità dei piedi. Scarpe con suole rigide, eccessiva ammortizzazione, tacchi alti o punte strette tendono a immobilizzare il piede e limitarne i movimenti naturali, portando a un indebolimento della muscolatura plantare. In pratica, se i piedi non vengono stimolati adeguatamente perché sostenuti e protetti in modo eccessivo dalle scarpe, molti muscoli smettono di lavorare e si atrofizzano (come accadrebbe a qualsiasi muscolo immobilizzato).
Le calzature tradizionali, soprattutto se poco anatomiche, possono anche deformare gradualmente il piede. Ad esempio, i modelli con la punta stretta favoriscono l’alluce valgo (deformazione dell’alluce) e altre alterazioni delle dita. Un altro esempio è la curvatura verso l’alto della punta di molte scarpe (detta toe spring): studi recenti indicano che questa caratteristica, sebbene pensata per facilitare il rotolamento del piede, riduce il lavoro dei muscoli plantari e può favorire problemi come la fascite plantare. Anche i tacchi alti sono noti per alterare la postura e la distribuzione del peso: un uso prolungato dei tacchi può ridurre l’efficienza della “pompa” plantare del piede (il meccanismo con cui la pianta, flettendosi, aiuta il ritorno venoso) e contribuire a disturbi come l’insufficienza venosa e le vene varicose. Insomma, le scarpe ci proteggono, ma spesso lo fanno a scapito della naturale forza e mobilità del piede, il quale diventa “pigro” e meno abile.


Barefoot vs. calzature tradizionali: cosa dice la scienza?

 
Cosa succede dunque quando abbandoniamo le scarpe e torniamo a camminare scalzi? Numerose ricerche recenti hanno esaminato gli effetti del barefooting rispetto all’uso di calzature tradizionali. I risultati suggeriscono vari benefici:
- Aumento della forza muscolare del piede: uno studio pubblicato su Scientific Reports ha mostrato che bastano 6 mesi di attività quotidiana con calzature minimaliste per incrementare la forza dei muscoli del piede di circa il 60%. In pratica, camminare come se si fosse scalzi (con scarpe sottili e senza supporti) allena i muscoli intrinseci plantari tanto quanto specifici esercizi di rafforzamento, contribuendo a un arco plantare più robusto e funzionale.
- Miglioramento dell’equilibrio e della stabilità: l’assenza di suola spessa aumenta la sensibilità del piede e il feedback propriocettivo. Una ricerca su adulti over-65 ha evidenziato che camminare scalzi può migliorare la stabilità del passo e ridurre il rischio di inciampare, risultando potenzialmente superiore al camminare con le scarpe in termini di allenamento dell’equilibrio. Anche nei più giovani sono stati osservati benefici: bambini abituati a stare scalzi ottengono punteggi migliori in test di equilibrio e abilità motorie rispetto ai coetanei sempre calzati.
- Minor incidenza di alcune patologie del piede: popoli che tradizionalmente camminano scalzi presentano in generale meno casi di piedi piatti dell’adulto e minori deformazioni come alluci valghi, se confrontati con popolazioni che usano calzature fin dall’infanzia. Ciò suggerisce che lasciare libero il piede (soprattutto in età evolutiva) contribuisca a uno sviluppo più naturale dell’arcata plantare e della forma del piede.

Ovviamente ci sono anche alcuni aspetti da considerare a sfavore: camminare scalzi espone a rischi di infortunio per traumi diretti (tagli, spine o pietre appuntite) e richiede un adattamento graduale per evitare dolori muscolari o tendinei dovuti all’insolito carico sui piedi non protetti. Nel complesso, però, le evidenze suggeriscono che un uso moderato e consapevole del barefooting può riportare il piede alla sua naturale efficienza, contrastando gli effetti negativi di scarpe troppo “invasive”.


Benefici fisici e mentali del barefoot trekking

 
Chi ha provato a camminare a piedi nudi su sentieri naturali riferisce spesso una piacevole sensazione di benessere diffuso. Ma oltre alle impressioni personali, quali sono i benefici concreti – sul corpo e sulla mente – associati al barefoot trekking? In questa sezione analizziamo vantaggi che vanno dalla circolazione sanguigna alla postura, dallo stress alla riscoperta sensoriale.


Miglioramento della circolazione e microcircolazione

 
Camminare scalzi può favorire una migliore circolazione del sangue negli arti inferiori. Quando il piede è libero di muoversi senza costrizioni, la muscolatura plantare e del polpaccio lavora più intensamente a ogni passo, aiutando il ritorno venoso. La pianta del piede infatti contiene una ricca rete di vene che, ad ogni contatto col suolo, vengono spremute come una spugna, facilitando la risalita del sangue verso il cuore. Indossare scarpe rigide o con suole spesse riduce questo meccanismo naturale, mentre camminare a piedi nudi (o con calzature molto flessibili) lo esalta.
Inoltre, il contatto diretto della pianta con superfici naturali comporta continui micro-stimoli alla circolazione. Secondo la dottoressa Myriam Cecchi, camminare scalzi “mette a terra” il corpo, consentendo di assorbire cariche elettriche negative dalla Terra, recuperare energia e riattivare la circolazione. Questa visione, legata al concetto di earthing, suggerisce che camminare su terreno naturale (erba, terra, sabbia) possa ridurre l’infiammazione e migliorare i dolori cronici, grazie a effetti benefici a livello di microcircolo.
Molti percorsi benessere sfruttano i benefici vascolari del camminare scalzi, ad esempio i percorsi Kneipp, dove si alterna il cammino a piedi nudi in acqua fredda e calda per stimolare la circolazione periferica. Anche senza arrivare a tali estremi, semplicemente tenere i piedi liberi in movimento migliora l’afflusso sanguigno: i muscoli plantari attivi “pompano” più sangue e i capillari del piede si dilatano, apportando ossigeno e nutrienti ai tessuti. Il risultato è una sensazione di piedi più caldi e vitali, e una possibile riduzione di problemi come gonfiore a caviglie e piedi freddi. Molti percorsi benessere sfruttano i benefici vascolari del camminare scalzi, ad esempio i percorsi Kneipp, dove si alterna il cammino a piedi nudi in acqua fredda e calda per stimolare la circolazione periferica. Anche senza arrivare a tali estremi, semplicemente tenere i piedi liberi in movimento migliora l’afflusso sanguigno: i muscoli plantari attivi “pompano” più sangue e i capillari del piede si dilatano, apportando ossigeno e nutrienti ai tessuti. Il risultato è una sensazione di piedi più caldi e vitali, e una possibile riduzione di problemi come gonfiore a caviglie e piedi freddi.


Postura ed equilibrio: quali cambiamenti aspettarsi?

 
Uno dei maggiori vantaggi del barefoot trekking è il miglioramento della postura e dell’equilibrio. Camminando senza scarpe, si sviluppa una sensibilità molto acuta sotto la pianta: ogni asperità del terreno viene percepita e il corpo impara ad aggiustare immediatamente la posizione delle articolazioni per mantenere la stabilità. In pratica si allena costantemente la propriocezione, ovvero la capacità del nostro sistema nervoso di sapere in che posizione si trovano piedi e corpo nello spazio.
Secondo molti podologi, questo allenamento continuo rende più pronta la risposta del piede ai piccoli squilibri, riducendo il rischio di distorsioni alla caviglia o cadute. Sulla sabbia, ad esempio, camminare scalzi obbliga caviglie e piedi a micro-aggiustamenti continui, rinforzando muscoli stabilizzatori e migliorando l’equilibrio generale. Col tempo, chi pratica barefoot walking tende ad assumere anche una postura più eretta e bilanciata: l’appoggio plantare diventa più uniforme (senza scarpe che alterino la meccanica, come i tacchi) e la colonna vertebrale adotta un assetto più naturale.
Un aspetto interessante è il cambio di tecnica di camminata: liberandoci delle calzature ammortizzate, il nostro corpo ri-apprende a camminare nel modo biomeccanicamente corretto, cioè appoggiando prima l’avampiede e poi il tallone, invece del contrario. Questo stile (simile al passo dei bambini scalzi) riduce l’impatto sul calcagno e sfrutta meglio l’arco plantare come molla, con benefici per le articolazioni di ginocchia e anche. All’inizio può richiedere concentrazione, ma gradualmente diventa un automatismo: equilibrio e postura ne risultano ottimizzati, come confermano gli entusiasti del barefoot trekking.


Benefici psicologici: libertà, benessere e riduzione dello stress

 
Oltre ai vantaggi fisici, camminare a piedi nudi offre importanti benefici mentali ed emotivi.

Dal punto di vista dello stress, il barefoot trekking si rivela un potente antistress naturale. Camminare scalzi è considerato una vera pratica antistress perché rafforza il sistema nervoso e aiuta a prevenire disturbi d’ansia e depressivi. L’esperienza sensoriale ricca (aria fresca, suolo irregolare, suoni della natura) distoglie la mente dalle preoccupazioni quotidiane, inducendo uno stato di benessere mentale. Alcuni studi di psicologia ambientale suggeriscono che camminare nella natura (ancor più se scalzi) riduce i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, e migliora l’umore in modo significativo.
Inoltre, il barefooting spesso riporta l’adulto a emozioni infantili positive: ricordiamo quando da bambini correvamo sull’erba o in spiaggia a piedi nudi, provando gioia pura e spensieratezza. Ripetere quell’esperienza da grandi può far emergere sentimenti di euforia e felicità. Non a caso, viene descritto anche un effetto energizzante: la stimolazione dei recettori sotto la pianta avrebbe un’azione tonificante sul sistema nervoso, aumentandone la vitalità. L’insieme di questi fattori rende il camminare scalzi un toccasana non solo per il corpo ma anche per la mente.


Stimolazione sensoriale e riscoperta del contatto con la natura

 
Camminare sempre con le scarpe significa privarsi in gran parte di queste informazioni sensoriali. Ecco perché uno dei piaceri del barefoot trekking è la riscoperta del contatto diretto con la natura attraverso i piedi.

Ogni passo scalzo è un’esperienza: la morbidezza dell’erba umida al mattino, il calore delle rocce scaldate dal sole, il fruscio delle foglie secche sotto la pianta, la freschezza del ruscello che lambisce le caviglie. Tutte queste sensazioni stimolano il sistema sensoriale e regalano un massaggio naturale alla pianta del piede, simile a una riflessologia plantare istintiva. Non a caso, dopo lunghe camminate a piedi nudi molte persone riferiscono uno stato di leggera euforia ed eccitazione, quasi fosse stata praticata su di loro l’agopressione. Il contatto con diversi materiali (terra, fango, sabbia, erba, legno) inoltre “risveglia” zone del piede che nelle scarpe restano inutilizzate, contribuendo a rendere il piede più sensibile e “intelligente” nel percepire il terreno. Questa stimolazione multisensoriale accresce anche il legame con l’ambiente naturale circostante. Camminare scalzi in un bosco o su un sentiero di montagna ci fa sentire parte integrante della natura, anziché osservatori separati. Si sviluppa un rispetto maggiore per il terreno che calpestiamo (stiamo attenti a dove mettere i piedi, notando dettagli che altrimenti ignoreremmo) e spesso ciò si traduce in una più profonda connessione spirituale con la terra. In altre parole, il barefoot trekking ci riporta “a terra” sia fisicamente che metaforicamente, facendoci apprezzare con nuovi sensi la bellezza del mondo naturale.


Come iniziare a praticare il barefoot trekking

 
Passare dagli scarponi rigidi alla camminata a piedi nudi richiede un approccio graduale e qualche accortezza. Ecco alcuni consigli per chi vuole muovere i primi passi nel mondo del barefoot trekking, preparando adeguatamente i piedi e scegliendo contesti adatti per le prime esperienze.


Primi passi: ginnastica propedeutica e allenamento del piede

 
Prima di lanciarsi in lunghe escursioni scalzi, è utile allenare e rinforzare i piedi con esercizi mirati. Anni passati dentro le calzature possono aver reso i nostri piedi meno mobili e forti di quanto potrebbero essere. Una sorta di “ginnastica propedeutica” aiuterà a prevenire dolori e infortuni quando inizieremo a camminare senza scarpe. Ecco qualche esercizio consigliato da fisioterapisti e podologi:

- Mobilità delle dita: provare a raccogliere piccoli oggetti (palline, matite) con le dita dei piedi. Questo esercizio rinforza i flessori delle dita e aumenta la destrezza. In alternativa, da seduti, spargere sul pavimento un asciugamano e cercare di arricciarlo afferrandolo con le dita dei piedi.

- Stretching e forza dell’arco plantare: in posizione eretta, sollevarsi lentamente sulle punte dei piedi e mantenere un attimo, poi tornare giù. Ripetere 10-15 volte. Questo movimento rafforza polpacci e muscoli plantari. Anche camminare sulle punte per qualche metro e poi sui talloni (alternando) aiuta a sviluppare la muscolatura del piede in modo equilibrato.

- Equilibrio a piedi nudi: allenarsi a stare in equilibrio su un piede solo, prima su terreno piano poi magari su una superficie leggermente instabile (un cuscino spesso o una tavoletta propriocettiva). Ciò migliora la stabilità della caviglia e la percezione del piede nello spazio.

- Massaggio e scioglimento della pianta: far rotolare sotto la pianta una pallina da tennis o da golf, esercitando pressione. Questo rilassa la fascia plantare e aumenta la circolazione, preparando il piede a terreni irregolari.

Dedicate alcuni minuti al giorno a questi esercizi: nel giro di poche settimane sentirete i piedi più forti, mobili e reattivi. Allo stesso tempo, iniziate a camminare scalzi in casa per periodi progressivamente più lunghi, così da abituare la pelle e la muscolatura. Anche semplici attività quotidiane (fare le pulizie, salire le scale di casa) senza calzature contribuiscono ad “risvegliare” i piedi in sicurezza. Quando poi passerete all’esterno, i vostri piedi saranno già in parte allenati alla nuova libertà.


Quali terreni scegliere per iniziare in sicurezza

 
La scelta del terreno è cruciale soprattutto nelle prime uscite di barefoot trekking. Per evitare esperienze dolorose o infortuni, è bene cominciare con superfici amichevoli e gradualmente passare a quelle più impegnative. Inizialmente, i terreni ideali sono quelli morbidi o comunque regolari:

- Erba e prati: L’erba soffice (meglio se non troppo secca o ispida) è perfetta per iniziare. Attenua l’impatto e nasconde poche insidie. Un bel prato in un parco o al margine del bosco consente di provare la camminata scalza godendosi una superficie fresca e gradevole.

- Sabbia: La spiaggia è un vero classico del camminare scalzi. La sabbia, soprattutto se fine e pulita, massaggia i piedi e li rafforza senza traumi. Anche camminare sul bagnasciuga è ottimo: l’acqua fresca stimola la circolazione e la sabbia sotto, modellandosi al piede, offre un esercizio eccellente per muscoli e caviglie.

- Terreno boschivo morbido: I sentieri nel bosco con terreno di terra battuta, aghi di pino, muschio o foglie secche rappresentano un buon passo successivo. Sono generalmente soffici e forniti di uno “strato” naturale che attenua sassi e radici. Bisogna comunque fare attenzione a rametti appuntiti o ghiande, ma in genere il piede si adatta bene.

- Sentieri in terra o ghiaia fine: Anche una stradina sterrata con terra compatta o ghiaietto sottile può andare bene per iniziare a percepire sensazioni diverse. In questo caso meglio procedere lentamente per dare modo alla pianta di adattarsi ai ciottoli.

Da evitare invece all’inizio i terreni molto sassosi o accidentati (come pietraie di montagna o ghiaia grossa), l’asfalto ruvido e il cemento cittadino. Su superfici troppo lisce e artificiali (ad esempio il pavimento di casa) camminare scalzi offre pochi benefici aggiuntivi rispetto alle scarpe – lo conferma l’ortopedico Nicola Portinaro, notando che su pavimenti piani “non fa molta differenza camminare con le scarpe o a piedi nudi”, mentre “per la maturazione del piede sono preferibili i terreni sconnessi, come erba o spiaggia”. Inoltre, i terreni naturali aiutano perché scaricano parte dell’impatto e costringono il piede a lavorare in tutte le direzioni, a differenza del suolo duro che può affaticare inizialmente.
Un buon approccio è quindi: iniziare in un ambiente controllato e piacevole (giardino, parco, spiaggia) e percorrere brevi distanze. Man mano che aumenta la confidenza, si possono esplorare terreni un po’ più impegnativi, ricordando sempre di avere andatura lenta e passi corti all’inizio. Se il piede segnala dolore acuto, meglio fermarsi: un leggero indolenzimento muscolare è normale, ma dolore pungente indica che il terreno scelto è troppo duro o la pelle non è ancora pronta.


Conclusioni: Barefoot trekking, moda passeggera o reale beneficio?

 
Siamo giunti al termine di questo viaggio a piedi nudi attraverso informazioni, studi e consigli pratici. Alla domanda iniziale – “il barefoot trekking fa davvero bene?” – possiamo rispondere che sì, camminare a piedi nudi può offrire reali benefici, purché lo si faccia con criterio. Non è solo una moda passeggera per eccentrici: affonda le sue radici in esigenze biomeccaniche e sensoriali genuine dell’essere umano. In un’epoca in cui passiamo gran parte del tempo con i piedi costretti e separati dalla terra, riscoprire il contatto diretto con il suolo può migliorare la nostra postura, l’equilibrio, la circolazione e persino il nostro umore e benessere psicologico.
 
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